La “severa testa” così Dazzi chiama il ritratto scultoreo di Giovanni Papini.
Papini è amico e “compagno di battaglie” nella Roma del 1930. Quando assume la direzione della Galleria d’Arte di Roma, il legame d’amicizia con Dazzi si fa più saldo ed entrerà a far parte di quel circolo di amici che ogni estate si trasferisce al Cinquale.
Di quella statua Papini non conserva un ricordo entusiasta: quella testa gli sembra troppo grande, troppo larga. A partire dagli anni 40-50 Dazzi lavorava in questo modo: cercando di cogliere, più che la fisionomia del soggetto, la sua personalità.
Papini parlando di Dazzi dice: «Più volte sono andato a scovare Dazzi nella sua giungla privata in Versilia dove egli vive solitario, ma in mezzo a una turba di figlioli bianchi nati dalle sue fantasie e dalle sue mani e più volte ho posato per una severa testa di marmo più grande del vero…».
Quello stessa statua sarà esposta alla commemorazione della morte dell’amico Giovanni l’8 luglio 1956.
Benedetta Veschi
Storia
A. V. LAGHI, Arturo Dazzi scultore e pittore, Pacini editore S.p.A, Pisa, 2012, p. 87-88
A.V. LAGHI, Arturo Dazzi 1881-1966, Roma-Carrara-Forte dei Marmi catalogo della mostra Arturo Dazzi 1881-1966, Roma-Carrara-Forte dei Marmi, Musei di Villa Torlonia, Casino dei Principi, Roma 16 ottobre 2016 – 29 gennaio 2017, p.92-95
A. V. LAGHI, Arturo Dazzi. Dipinti e sculture della donazione Dazzi di Forte dei Marmi, maschietto editore, Firenze, 2002, p.125
T. Taddei, L’Avvenire, Italia, 8 agosto 1956