ARDENGO SOFFICI (1879-1964)
È stato un pittore, scrittore, poeta e saggista italiano. Di semplici origini, i genitori Egle Zoraide Turchini, erano una proprietaria di una filanda di seta, e Giovanni Soffici un fattore.
Nel 1893 la famiglia si trasferì a Firenze, dove il padre commercia vino all’ingrosso, lì Ardengo assiste impotente all rovina finanziaria della famiglia, ciò lo porta a rinunciare presto agli studi e cercare impieghi che gli permettessero di continuare in parallelo con la pittura e la frequentazione dell’ambiente artistico fiorentino, prima garzone di un orefice, poi presso l’avvocato Luigi Remaggi, come giovane di studio.
Nel 1899 riesce, per breve tempo, a frequentare l’Accademia di belle arti dove insegnavano Giovanni Fattori e Telemaco Signorini.
Nel 1900 si trasferisce a Parigi mantenendosi lavorando come autore e illustratore per alcune riviste locali come l’Assiette au Beurre, La plume e l’Europe, questo gli da la possibilità di conoscere artisti e scrittori come Guillaume Apollinaire, Pablo Picasso, Max Jacob, Giovanni Vailati, Emilio Notte, Mario Calderoni, Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, con il quale stringerà, al ritorno in Italia, una forte amicizia, nonostante la diversità di carattere.
Attorno al 1907 rientra in Italia. Durante una visita di una mostra di opere futuriste a Milano la recensisce con una “delusione sdegnosa” che manifesta in un articolo di critica su La Voce. La reazione dei futuristi è violenta: Marinetti, Russolo, Boccioni e Carrà, raggiungono Soffici a Firenze mentre siede al caffè delle “Giubbe Rosse” in compagnia di Prezzolini e Rosso. Boccioni schiaffeggia Soffici e dalla reazione di costui e dei suoi amici nasce una rissa furibonda. Il tumulto si rinnova la notte seguente alla stazione di Santa Maria Novella, quando Soffici e i suoi amici Prezzolini, Slataper e Spaini, vogliono rendere la pariglia ai futuristi in partenza per Milano. Lo scontro causerà grande clamore sulla stampa e ottima pubblicità per entrambe le fazioni. La riconciliazione con i futuristi avverrà più tardi, grazie alla mediazione dell’amico Aldo Palazzeschi, seguita dalla sua adesione al movimento.
Consolida la sua amicizia con Papini, assieme a lui ed a Aldo Palazzeschi, nel 1913, fonda la rivista futurista Lacerba, che sarà pubblicata fino al 1915.
Allo scoppiare della Guerra si arruola come volontario restando ferito due volte e ottenendo una decorazione al valore militare: interventista e combattente, sin dalla sua fondazione è collaboratore del Popolo d’Italia. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali fascisti, in relazione a tale sostegno nel 1939 fu nominato Accademico d’Italia.
Dopo l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana e, insieme a Barna Occhini, fonda la rivista Italia e Civiltà che esce per 23 numeri nel 1944, propugnando l’amor patrio, il carattere sociale del fascismo, la fedeltà ai tedeschi. Nel dicembre 1944 viene arrestato e internato per collaborazionismo nel campo di concentramento di Collescipoli vicino a Terni, insieme a Occhini, fino a luglio 1945.
Nel 1946 venne assolto per insufficienza di prove.
Nel 1948 tornò a esporre, a Firenze. Muore nel 1964 per una trombosi cerebrale.