La Beffa di Buccari 1918-2018
- Questo evento è passato.
La Fondazione Villa Bertelli in ricordo della “Beffa di Buccari” . L’evento commemorato in una conferenza nel Giardino d’Inverno
«Siamo trenta d’una sorte e trentuno con la morte, tutti tornano o nessuno…». Gabriele D’Annunzio celebrò con queste parole, contenute nella “Canzone del Quarnaro”, la “Beffa di Buccari”, la gloriosa impresa portata a termine dalla Regia Marina ai danni degli austriaci nella notte fra il 10 e l’11 febbraio 1918, quasi al termine della Prima Guerra Mondiale. Per celebrare il centenario di quella sortita, la Fondazione Villa Bertelli ha organizzato una conferenza nel Giardino d’Inverno. L’appuntamento è per lunedì 19 marzo alle 15.00 con il professor Marco Gemignani, docente di Storia Militare all’Accademia Navale di Livorno. Gemignani ripercorrerà, insieme agli studenti delle ultime classi del liceo Chini Michelangelo e a chi vorrà partecipare, la storia di questo evento, che vide fra i suoi autori lo stesso D’Annunzio e Costanzo Ciano. “La poesia, scritta all’indomani dell’impresa – spiega il presidente della Fondazione Ermindo Tucci- fu poi pubblicata nel piccolo volume dedicato da D’Annunzio a questo memorabile evento, in cui trenta militari su tre motoscafi MAS (inizialmente Motoscafi Anti Sommergibile e poi da lui stesso ribattezzati Memento Audere Semper) comandati dal sottotenente di vascello Andrea Ferrarini, dal tenente di vascello Profeta De Santis e dal capitano di corvetta Luigi Rizzo, si fecero beffa della difesa austriaca nella baia di Buccari, in Istria. Alla missione presero parte anche Ciano e D’Annunzio. L’obiettivo dei sei siluri lanciati venne sostanzialmente mancato, ma la difesa austriaca non reagì prontamente, poiché riteneva impossibile che la Marina italiana potesse raggiungere la baia. A Buccari, furono lasciate tre bottiglie tricolori, con un beffardo messaggio scritto da D’Annunzio: «In onta alla cautissima flotta austriaca, occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l’inosabile». Mentre i motoscafi rientravano, al comando della Marina austro-ungarica veniva consegnata la bottiglia col nastrino tricolore. Mi auguro – conclude Tucci – che i ragazzi, ma anche tutti coloro che vorranno ascoltare una lezione della grande storia e di quegli italiani che ne sono stati protagonisti, vengano a Villa Bertelli. Sono certo che non rimarranno delusi”.
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