Le sale

Sala 3

La sala dedicata ai maestri storici raccoglie una selezione di opere
degli artisti frequentatori della Versilia, autori appartenuti alla generazione
dei protagonisti del Novecento Italiano, sia nella sua declinazione lombarda
rappresentata da Carlo Carrà, Achille Funi, Raffaele de Grada, Arturo Tosi,
sia nella variante di area toscana, caratterizzata da una poetica meno
programmatica in quanto più incline a fare emergere il libero sentimento
di natura: è questo pittoricismo moderno che si rinviene nei lavori di
Felice Carena, Ardengo Soffici, Ottone Rosai, Mario Marcucci, mentre un
discorso a parte è riservato al bozzettismo espressionista delle “maschere”
psicologiche di Lorenzo Viani.

Le opere qui esposte denotano una comune tendenza alla liricità
e alla scioltezza esecutiva, stimolata dalla natura di Forte dei Marmi
e dei luoghi circostanti, al tempo ancora incontaminati e in grado quindi
di ispirare agli artisti un maggiore svincolo da limitazioni compositive
schematiche e formali. Legato a un paesaggismo di mediazione tra Otto
e Novecento si rivela Umberto Vittorini, toscano di nascita e milanese
di adozione.

Accanto alle suggestive opere a tema paesaggistico, la sala accoglie
saggi pittorici dei due fratelli metafisici Giorgio de Chirico e Alberto Savinio,
il primo rappresentato da un barocco cavallo in corsa nel paesaggio
e il secondo da un ritratto composto negli anni d’oro degli Italiens de Paris.
Lo scultore Francesco Messina, autore approdato sui lidi di Marina di

Pietrasanta fin dai primi anni venti, è presente con un bronzo
di ispirazione classico-mediterranea e con due disegni, mentre Marino Marini
è rappresentato da un caratteristico, semplificato ritratto in bronzo, inteso a
catturare la psicologia del personaggio effigiato.

Sala 5

La sala dedicata alle opere di autori attivi per lo più nel secondo
dopoguerra, raccoglie gli artisti nati tra gli ultimi anni del secolo XIX
e i primi trentacinque del XX.

Massimo Campigli offre al visitatore l’ennesima glorificazione
della donna nella veste di idolo etrusco, totemico e senza tempo.
L’espressionismo ironico e satirico di Mino Maccari è qui evidenziato
da due pitture sottilmente polemiche. Giuseppe Migneco, maestro
del realismo sociale è proposto con due tele di denuncia del disagio
e della solitudine della vita moderna.

L’opera di Renato Guttuso qualifica la nobilitazione di una pianta,
umile oggetto della vita domestica, quale protagonista dell’opera d’arte.
Due realistiche matite del pittore e disegnatore fiorentino Guido Borgianni
raffigurano la gente di Forte dei Marmi.

Ernesto Treccani è presente con un tema di lirico, metamorfico
naturalismo e con una scultura in maiolica dipinta, mentre di Bruno
Cassinari la sala accoglie un cavallo bronzeo e una tela infuocata di colore.
Del poeta Eugenio Montale si è ritrovata una rara e sognante pittura ad olio
sul tema delle cabine del Forte.

Ispessimenti materici, contrasti di colore, inquieta commistione
di organico e inorganico si sperimentano nell’opera di Carlo Mattioli.
Terrecotte e un bronzo dello scultore Ugo Guidi, allievo e assistente
di Arturo Dazzi, registrano il suo amore per la figura femminile.

Tra gli artisti stranieri, l’americano Robert Carroll, indagatore della vita
vegetale e animale, presente con un originale disegno, chiude la rassegna
del dopoguerra, non prima di avere lasciato spazio alla qualità tutta italiana
dell’astrattismo geometrico-surreale di Gianni Dova.

Sala 4

Sala 1

Forte dei Marmi nasconde una storia oggi dimenticata. Una storia

di rapporti tra gli artisti e il territorio, a cominciare da Michelangelo, affascinato
dal Monte Altissimo. È proprio il luogo a favorire il richiamo di artisti, come era
stata Barbizon, Deauville e Trouville per gli impressionisti, il midi per Van Gogh,
Gauguin e Cézanne.

A Forte dei Marmi, le ampie distese di spiagge e il vasto orizzonte
del mare da una parte, il profilo delle montagne e la vegetazione rigogliosa
dall’altra, ispirano gli artisti verso un nuovo studio della natura.

Un paesaggio rimasto protetto per secoli perché inizialmente inospitale,
privo di strade facilmente percorribili, ma al tempo stesso un luogo di lavoro
e uno snodo economico di rilievo in Italia per l’estrazione delle pietre.

La sala racconta le trasformazioni paesaggistiche, urbanistiche e
sociali del territorio, per comprendere la storia culturale del luogo nel
contesto di riferimento.

Una sezione è dedicata all’inizio della vicenda alla nascita del cenacolo
culturale il Quarto Platano nel periodo tra le due guerre, quando Forte dei
Marmi diventa un punto di riferimento per artisti e intellettuali in villeggiatura
che si incontrano nelle proprie abitazioni e nei Caffè, veri e propri centri di
aggregazione culturale.

Sala 2

Arturo Dazzi nasce a Carrara il 31 luglio 1881. Il marmo fa subito parte della sua vita: sbozzatore nel laboratorio del padre, dal 1892 nell’Accademia di Belle Arti di Carrara ove completa gli studi nel 1899.

Dimostra sin da subito la sua propensione per la scultura vincendo (1901-1905) due “pensionati” artistici, con cui si aggiudica il soggiorno a Roma.
Nei primi del ‘900 sull’onda dell’entusiasmo di una Roma fervente, partecipa a concorsi, lavora a Genova e Livorno ed espone alle Biennali internazionali di Venezia (1926-1928).

Nel 1926 sente il richiamo della terra natia e lascia Roma; nella sua casa di Vittoria Apuana incontra amici, critici ed artisti.

Nel 1929 viene nominato professore di scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara.

Nella Quadriennale romana del 1945 sorprende la critica con la sua produzione pittorica, finora inedita.

Il suo stile scultoreo deciso, eroico, di “nuovo” classicismo, che esalta il lavoro e l’uomo, è particolarmente apprezzato durante il regime fascista: nel 1937 ottiene la nomina di Accademico d’Italia.

Nel 1939 all’ Esposizione Universale di New York realizza l’opera centrale del padiglione italiano.

La caduta del Regime determina la chiusura di molti dei cantieri in cui Dazzi lavora, tra cui quello della Stele Marconiana a cui l’artista tiene maggiormente.

Per la sua adesione agli ideali fascisti subisce l’esilio in Maremma fino al 1947, quando torna a Forte dei Marmi. Gli anni seguenti sono difficili: nessuno è più interessato ai suoi progetti e Dazzi cade in una crisi ideologica e creativa.

Nel 1954 riprende a lavorare alla Stele Marconiana; l’inaugurazione solenne (11 dicembre 1949) decreta la sua riabilitazione tra gli artisti italiani.
Durante gli anni Sessanta segue diverse committenze fino alla morte (15 ottobre 1966).

Nel 1986 la moglie Andreina Vannoni dona le opere dello studio Dazzi al Comune di Forte dei Marmi, le quali, conservate nel deposito di Villa Bertelli, sono oggi esposte in una mostra dedicata all’artista.

Sala Ernesto Treccani